Green job nel fashion, una strada verso il lavoro
Un futuro nella moda grazie alle produzioni ecosostenibili, una strada verso il lavoro per gli studenti dell’Its Moda Pescara nei consigli degli esperti del settore. E’ il risultato della partecipazione al convegno, “Green Job nel fashion, progettare, produrre e vendere la moda sostenibile”, organizzato da Federmoda Cna Marche e Cna di Ascoli Piceno lo scorso martedì 11 aprile a San Benedetto del Tronto a cui ha preso parte anche il coordinatore del nostro Its, Massimo Renzetti. Al convegno marchigiano hanno partecipato – tra gli altri – l’assessore della Regione Marche, Manuela Bora, il responsabile nazionale Federmoda Cna, Antonio Franceschini, e gli economisti Marco Richetti e Aurora Magni.
A margine dell’incontro Doriana Marini, presidente di Federmoda Marche, ha risposto alle nostre domande nell’intervista che segue:
Moda sostenibile e Green job nel fashion, come si conciliano con la corsa al ribasso dei costi che ha portato i colossi del tessile a delocalizzare la produzione nei Paesi più poveri del mondo?
Questa è la domanda top. Io non rappresento le grandi industrie ma le imprese artigiane, che sono un anello della filiera produttiva e hanno pagato più di tutte le altre la crisi degli ultimi anni. Il brand ha trovato interesse alla delocalizzazione ma questa si è rivelata un boomerang perché le grandi aziende, poi, non hanno saputo fare una politica sulla trasparenza, non hanno saputo capire che non si doveva fare una corsa al ribasso ma puntare a innalzare la qualità del prodotto. Le aziende artigiane, in questa corsa, hanno pagato il prezzo più alto. Tra le Marche e l’Abruzzo hanno chiuso centinaia di azienda, il façon è stato travolto, stamperie, ricamifici, aziende come la mia che fa accessori, hanno pagato prezzi altissimi. Adesso noi crediamo che sia possibile ricreare una sorta di ritorno della manifattura ai luoghi d’origine. Alcuni marchi, nordeuropei e statunitensi, stanno dimostrando di volere una qualità più alta perché il mercato la sta chiedendo. Ed è questo il motivo vero del nostro impegno: il cambiamento c’è , è in atto, c’è una parte di consumatori che sono alla ricerca di prodotti eticamente validi, che vanno a guardare ciò che è bello e buono. In Italia questo vento sta arrivando adesso, nelle altre nazioni è partito prima, a cominciare dal food e il passaggio alla moda è stato veloce. Al momento sono solo dei marchi di nicchia, ma ci sono anche brand più blasonati che hanno deciso di dedicare una parte della collezione a questo settore, forse anche per necessità di marketing. Oggi, dopo una fase di ristrutturazione generale, ci stiamo assestando su un valore di attività e di occupazione che è riconducibile a quelle imprese che hanno avuto la capacità di investire sulla qualità materiale e immateriale, e quindi parlo di persone. Solo quelli che avevano investito sulla ricerca e sulle risorse umane, stanno ancora sul mercato. Un altro motivo per cui conviene puntare sul green è che si possono creare nuovi mestieri, nuove professionalità nell’ambito dell’economia circolare e del fashion.
Il sistema moda può rilanciarsi con l’attenzione all’ecosostenibilità della produzione?
Sicuramente sì, l’industria globale della moda genera una cifra spropositata, un trilione di dollari l’anno. Ciò che indossiamo, come viene fatto e, soprattutto, come viene venduto, può avere un impatto enormemente positivo sulla società e sull’ambiente. Io sono certa che il futuro deve essere più sostenibile, proprio perché le risorse sono finite, se ne dovrà fare un mestiere. Occorre formare i giovani affinché siano pronti a raccogliere la sfida.
Quale apporto può arrivare dal mondo dell’istruzione con il sistema Its? E in particolare dal nostro Its Moda Pescara?
Nel convegno hanno parlato tanti esperti, esponenti delle istituzioni, dell’università, della ricerca, dell’imprenditoria sia dello stile che del prodotto. Tutti hanno sostenuto che una moda ecosostenibile, comunque, cerca sempre di coniugare l’etica con l’estetica e il bello con il buono. La scuola cosa deve fare? Deve essere attenta, avere le antenne dritte, capire quali possono essere queste figure. Al convegno ne sono emerse un paio: il progettista di prodotti ecosostenibili, di prodotti green e il responsabile della sicurezza chimica. Io invito le scuole a riflettere su questa opportunità e a voler considerare che nell’offerta formativa vengano trattate anche queste tematiche. Non abbiamo ancora bisogno, nelle aziende, di una persona specializzata in questo ma è importante che nell’ambito di tutte le competenze, nel curriculum ci siano anche queste competenze. Un’azienda se deve scegliere dei giovani, a parità di curriculum, punta sicuramente su chi può vantare anche queste professionalità. Non mi sento, ancora, di consigliare: puntate su tecnici specializzati sulla sostenibilità. Ma è necessario cominciare a pensarci per il futuro, iniziare a inserire nei corsi di studio spazi importanti per queste tematiche. La sostenibilità può dare molto, anche in termini di occupazione. Il riutilizzo dei materiali, per esempio, deve essere anche incentivato dalle istituzioni. Le aziende possono costituire delle filiere per il recupero degli scarti, per la separazione dei materiali per poi avviarli al riciclo. E tutto questo può generare occupazione. Quindi la politica può pensare a degli incentivi economici. Inoltre, al convegno, ho lanciato una sorta di concorso nazionale a cui, entro la fine di quest’anno scolastico, saranno invitate a partecipare le scuole. C’è una associazione, lo Iom (Istituto oncologico marchigiano), una onlus, che da oltre vent’anni offre assistenza gratuita ai malati. La Cna realizzerà un progetto, con lo Iom e con le scuole, affinché le aziende diano i ritagli delle lavorazioni tessili e le scuole potranno progettare, sia da un punto di vista stilistico che commerciale, nuovi prodotti, dalle borse ai copricapo per le donne in terapia, dai foulard alle custodie per telefonini. La scuola vincitrice avrà un premio, le istituzioni, le associazioni avranno un modello da riutilizzare, le aziende della Cna metteranno il loro impegno per la commercializzazione e l’industrializzazione, le donne coinvolte nel percorso di riappropriazione della propria vita, dopo la chemioterapia, potranno dedicarsi alla produzione di questi oggetti e il ricavato andrebbe a loro. In questo modo si faranno lavorare gli studenti a progetti concreti.