Robot in azienda? Per Lumberjack e Manila Grace non è ancora il momento

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In azienda sono fondamentali il lampo di genio e la condivisione dei valori del brand. Ne sono convinti Maurizio Setti, proprietario del marchio Manila Grace, e Andrea Vecchiato, ceo di Lumberjack intervenuti a Brandy 2017 sul tema “Perché non è ancora il mondo dei robot”.

Setti, imprenditore di Antress Industry che controlla il marchio di womenswear Manila Grace, è anche l’attuale presidente dell’Hellas Verona. Inevitabili quindi i rimandi al mondo del calcio, durante l’intervista di Leonardo Buzzavo, presidente di Quintegia, organizzatore di Brandy, la due giorni per ragionare sulle evoluzioni del brand management, in chiusura oggi pomeriggio a Milano (nella foto).

La sua attività è la gestione di una holding di cervelli, «ma a un 18enne non si può parlare come a un 30enne». A suo parere in un’economia con processi sempre più veloci servono coerenza e armonia e la condivisione dei progetti, «ma anche l’accettazione dei difetti dei collaboratori fa parte del gioco».

«In un mondo in cui prima di parlare si interroga Internet e dove tutto è troppo schematico serve il lampo di genio. Le persone vanno coinvolte, stimolate ma anche lasciate libere di dire ciò che pensano – afferma Setti -. Di regola metto tutti sullo stesso piano in una discussione, accetto il suggerimento e anche una cultura diversa va fatta tua».

Prima di portare la sua strategia in Lumberjack (è arrivato nel 2014, dopo l’acquisizione del marchio da parte del gruppo turco Ziylan), Andrea Vecchiato ha raccontato di avere studiato i casi di successo in azienda e nello sport.

«Il fattore comune era la motivazione – dichiara -. Alla base della motivazione ci sono i valori del brand e solo se sono condivisi contemporaneamente dai lavoratori e dai consumatori le vendite si moltiplicano». E cita Howard Schultz, ceo di Starbucks: «Quando sei circondato da persone appassionate puoi realizzare qualsiasi tipo di progetto». Tuttavia, il processo di formazione della cultura aziendale non può avvenire da solo ma va ben orchestrato, investendoci molto.

Lumberjack oggi è un marchio «urban-nature, pensato per chi vive in città ma si prende i propri tempi per stare all’aria aperta». Trovata la connotazione, sono seguiti investimenti nel marketing, la sede è stata trasferita da Milano al distretto della calzatura di Treviso e sono state assunte persone che condividessero i valori dell’azienda, «teste con esperienze multinazionali ma con approccio “mi rimbocco le maniche”». Così, in quattro anni la profittabilità è salita e il fatturato è passato da 22 a 40 milioni di euro.

«In una fase successiva subentra un altro problema – allerta il manager, chiudendo il suo intervento -. Quello di mantenere i valori allineati nel tempo».

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